La vicenda biografica dello scrittore e filologo J.R.R. Tolkien, dall'infanzia alla guerra, fino alla stesura del suo primo successo letterario, Lo hobbit.
La vicenda biografica dello scrittore e filologo J.R.R. Tolkien, dall'infanzia alla guerra, fino alla stesura del suo primo successo letterario, Lo hobbit.
Un film su J. R. R. Tolkien in cui il fatto che si racconti della vita del più celebre scrittore fantasy del secolo scorso è secondario: la trama infatti è più quella di un confuso melodramma storico con spunti sentimentali e biografici, con pochi spunti e una quasi totale assenza di svolte nell'evoluzione dei personaggi.
La sceneggiatura di David Gleeson e Stephen Beresford (Pride, 2014) sembra alle volte puntare sui parallelismi fra vita e contenuto delle opere di Tolkien, con risultati solo parziali: se le visioni di draghi e cavalieri in guerra, idea potenzialmente buona, restano solo accennate, l'amicizia con i compagni di scuola ha il sapore di situazioni già viste e la storia d'amore con Edith, oltre che sconclusionata nei tempi e nei passaggi, risulta senza conflitto narrativo e priva di un vero collegamento con il senso generale del film. L'amore per la filologia e l'invenzione della lingua elfica, pure, viene solo accennato con superficialità.
La banalità di alcune sequenze è tale da far pensare che, nel descrive l'infanzia di Tolkien, i realizzatori abbiano voluto condensare Oliver Twist, L'attimo fuggente e I ragazzi della via Paal (solo con personaggi dell'alta borghesia inglese).
La regia di Dome Karukoski (Tom of Finland, 2017), appena accademica, presenta alcuni grossolani errori a livello di montaggio e gestisce i numerosi flashback senza chiarezza, rendendo ancora più piatta una vicenda per cui proprio con le numerose prolessi sembrerebbero fatte ad hoc per coprire l'inconsistenza dei contenuti. A salvarsi, ma dovrebbe essere il minimo richiesto per un film storico con innesti onirici, è la fotografia di Lasse Frank Johannessen (The hour of the linx, 2013; La figlia della sciamana, 2015).
Le interpretazioni, come conseguenza di una storia che non decolla, risultano anonime e piatte. D'altra parte gli archi narrativi dei singoli personaggi sono immobili e senza sviluppo: il giovane Tolkien sembra conoscere le lingue nordiche quasi per dote innata, il fratello compare in principio per poi non essere più sviluppato, gli amici sono ora adolescenti ora adulti senza soluzione di continuità (e senza soluzioni adeguate a livello di make-up).
Musiche, scenografie e aspetti tecnici sono appena sufficienti, a livello di uno sceneggiato televisivo. Perché Tolkien sembra esattamente questo: un film sentimentale per la televisione, capace di scontentare sia gli estimatori dello scrittore, che di Tolkien troveranno ben poco, sia gli spettatori comuni, disarmati dalla banalità della storia. Un'occasione sprecata, di cui si intravedono alcuni spunti che avrebbero meritato approfondimento.
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