La routine di Woody, Buzz e i loro amici viene scombussolata quando la loro bambina porta a casa un nuovo giocattolo creato con la spazzatura.
La routine di Woody, Buzz e i loro amici viene scombussolata quando la loro bambina porta a casa un nuovo giocattolo creato con la spazzatura.
A distanza di ventiquattro anni dal primo capitolo, la Pixar ci regala il quarto film di una delle saghe più amate di sempre, sia dai grandi che dai più piccini.
Ciò che porta dopo tutto questo tempo a un seguito così vasto è sicuramente l'effetto malinconia, portato sul grande schermo non solo da quei personaggi storici che ci hanno visto crescere, ma da un forte senso di mancanza e lontananza dell'infanzia; e Toy Story in un certo senso è in grado di regalare, anche a chi l'infanzia l'ha già superata da un pezzo, una ritrovata innocenza e uno spontaneo stupore di fronte alle avventure di quei giocattoli che, tutto sommato, sono stati i protagonisti anche nelle nostre camerette.
Uno dei temi principali della saga è sempre stata la crescita, tanto fisica quanto emotiva. Questo percorso però non si è mai limitato solo un aspetto narrativo. Malgrado già il primo film si impose come un punto di riferimento per le tecnologie di animazione, Toy Story è sempre stato un lavoro in itinere, con l'obiettivo di regalare al suo piccolo mondo più realismo possibile; e questo quarto capitolo impara il più possibile dai precedenti e fa ancora di più: dalle texture ultra realistiche dalle quali riusciamo a scorrere perfino le fibre, fino all'incredibile capacità espressiva dei giocattoli.
Sempre parlando di crescita (o addirittura di evoluzione) è notevole la caratterizzazione emancipata di Bo Peep (e delle sue pecorelle), radicalmente maturata, in adattamento al mondo crudele dei giochi abbandonati e costretti a sopravvivere a tantissimi bambini urlanti e con decisamente troppo zucchero in corpo.
Abbandonata questa visione spaventosa di bambini iperattivi e analizzando la narrazione, è giusto notare che più che una “Toy Story” si tratti di una “Woody Story”, in quanto il film gira quasi totalmente intorno allo sceriffo cowboy e quasi per niente si concentra su suoi compagni di (dis)avventure, facendo sembrare la pellicola una sorta di spin off “Woody Story: alla ricerca di Forky”.
La narrazione risente delle dinamiche e delle battute della storica squadra di giocattoli, ma acquista invece un sottotono creepy, dato dai giocattoli vintage del negozio di antiquariato, regalandoci alcune citazioni di film horror cult come Rosemary's baby (1968, Roman Polasky) e La Bambola assassina (1988, Tom Holland) e riferimenti agli amatissimi racconti Piccoli Brividi, che segnarono una generazione.
In conclusione Toy Story 4 non riesce a stupire a livello narrativo tanto quanto quello tecnico ma, in fin dei conti, si tratta di un'agrodolce favola moderna e come ogni favola ci lascia una bellissima morale: tutti dobbiamo crescere, e malgrado lasciarsi pezzi di noi stessi indietro faccia male, dobbiamo sempre guardare avanti e cercare il meglio in noi e, soprattutto, per noi.
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