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David Cronenberg

Videodrome | Recensione | Unpolitical Reviews

Trailer non disponibile

Scheda:

poster di Videodrome
Titolo Originale:
Videodrome
Regia:
David Cronenberg
Uscita:
24 ottobre 2022
(prima: 4/02/1983)
Lingua Originale:
en
Durata:
90 minuti
Genere:
Horror
Mistero
Fantascienza
Soggetto:
Sceneggiatura:
David Cronenberg
Fotografia:
Mark Irwin
Montaggio:
Ronald Sanders
Scenografia:
Angelo Stea
Musica:
Howard Shore
Produzione:
Claude Héroux
Produzione Esecutiva:
Pierre David
Victor Solnicki
Casa di Produzione:
Universal Pictures
Famous Players
Guardian Trust Company
Filmplan International II
Budget:
$5 milioni
Botteghino:
$2 milioni
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Redazione

9.5

Pubblico

Redazione
Pubblico

Cast:

Max Renn
James Woods
Bianca O'Blivion
Sonja Smits
Nicki Brand
Debbie Harry
Harlan
Peter Dvorsky
Barry Convex
Leslie Carlson
Brian O'Blivion
Jack Creley
Masha
Lynne Gorman
Bridey
Julie Khaner
Moses
Reiner Schwarz
Raphael
David Bolt
Rena King
Lally Cadeau
Brolley
Henry Gomez
Japanese Salesman
Harvey Chao
Japanese Salesman
David Tsubouchi
Matron
Kay Hawtrey
Sidewalk Derelict
Sam Malkin
Newscaster
Bob Church
Woman Caller
Jayne Eastwood
Bellydancer
Franciszka Hedland
Max Renn in helmet (uncredited)
David Cronenberg

Trama:

Anticipazione

Trama Completa

Max Renn, proprietario di un canale di programmi pornografici e violenti, entra in contatto con Videodrome, una misteriosa trasmissione pirata che mostra torture apparentemente reali.

Recensione:

David Cronenberg, come in molti altri suoi film (Crash, 1996; Brood - La covata malefica, 1979), pone al centro di Videodrome il tema della fusione tra corpo e medium, tra carne e nuove tecnologie. In questa profetica opera, il regista canadese mostra un mondo nel quale realtà e dimensione televisiva si mescolano e si contorcono, fino al punto da non poter più essere distinte: la fusione tra uomo e macchina è esteriorizzata in un estremo e disturbante body-horror, che assume così una significativa funzione metaforica e non meramente estetica.

Alla base della concezione di Videodrome sono le teorie del massmediologo Marshall McLuhan, il quale, nel noto saggio Gli strumenti del comunicare (Understanding Media, 1964), definisce la tecnologia un'estensione del nostro corpo e l'elettronica nello specifico un'estensione del nostro sistema nervoso: la tecnologia non può quindi essere semplicemente utilizzata, ma inesorabilmente influisce sulla nostra stessa natura di esseri umani.


In Videodrome, la contaminazione tra essere umano e apparecchio tecnologico esprime dunque in senso mcluhaniano la mutazione interna all'uomo quando nella società è introdotta una nuova tecnologia, in questo caso la televisione e nello specifico l'home video, modalità di fruizione all'epoca rivoluzionaria e preoccupante per il futuro del cinema.


Dal punto di vista visivo, questo "abbassamento" dello statuto del cinema si esprime nel mantenimento del rumore nella fotografia, nell'estetica splatter con caratteristiche esplicitamente trash (in senso appunto estetico e non dispregiativo) e nella continua contaminazione televisiva che pervade la pellicola – la grafica del titolo del film, per esempio, è uguale a quella del titolo della trasmissione pirata mostrata all'interno del film stesso. Max Renn, interpretato da un grandissimo James Woods, nella scena dell'apertura della fessura nello stomaco e poco prima del finale mostra inoltre somiglianze con due iconici personaggi pre-home video, ovvero Travis Bickle (Taxi Driver, Martin Scorsese, 1796) e Rocky Balboa (Rocky, John G. Avildsen, 1977), in una distopica denuncia dell'inattualità dell'eroe cinematografico.

In quasi ogni scena del film, in modo più o meno esplicito, sono in generale esposte le principali tematiche dell'opera, che sono appunto la perdita del confine tra reale e virtuale (O'Blivion, non a caso fondatore di una vera e propria religione, è a tutti gli effetti un'entità trascendente), la relazione tra corpo e tecnologia, il binomio carnale sesso-violenza e la condanna sociale al controllo mentale mediatico, simboleggiato dal tumore al cervello causato da Videodrome. L'incipit, per esempio, con la pubblicità della Civic TV, il cui claim è “the one you take to bed with you”, evoca immediatamente il rapporto carnale tra corpo e macchina, mentre la sveglia-registrazione di Max, tramite la tecnologia all'epoca più invasiva (appunto la televisione), anticipa le varie funzioni dei sempre più sofisticati sistemi operativi da cui oggi dipendiamo. Nonostante la televisione e l'home video siano tecnologie ad oggi quasi vintage, infatti, il significato di Videodrome rimane attualissimo: nella celebre e acclamata serie tv Black Mirror, per esempio, si trovano sempre come fili conduttori tra gli episodi autoconclusivi il rapporto che l'uomo instaura con la tecnologia e soprattutto il modo in cui l'uso della tecnologia influisce sull'uomo stesso, temi che, come già detto, sono il fondamento dell'opera di Cronenberg.

Altrettanto attuale è la riflessione sulla sovraesposizione mediatica, la quale pone l'uomo in una condizione di alienante e solipsistica atrofizzazione dei sensi che lo spinge a cercare emozioni forti nella visione della violenza estrema: lo snuff porta in scena altri temi fondamentali dell'opera, quali l'attrazione perversa oltre che attuale per le Red Room (anticipate da Cronenberg nell'estetica della stanza delle torture) e più in generale il voyeurismo, estremizzato fino a confondersi con l'atto sessuale vero e proprio, in un'esteriorizzazione visiva della teoria del professor O'Blivion (“oblio”) secondo cui la realtà equivale alla percezione della realtà. Analogamente, in modo surreale ma semanticamente coerentissimo, le allucinazioni di Max si fanno sempre più indistinguibili dalla realtà, fino al completo rovesciamento gerarchico tra virtuale e reale nella scena conclusiva.

A cura di Lucia Ferrario.
Pubblicato il 11 maggio 2021.

Pro:

  • Rappresentazione intelligentissima e profetica del rapporto tra uomo e tecnologia.
  • Comparto tecnico ineccepibile.
  • Interpretazione di James Woods.

Contro:

  • Estetica estrema che, insieme alla cripticità della linea narrativa, può disturbare lo spettatore.

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