Nel futuro la Terra è inquinata e abbandonata. Il robot superstite WALL-E si innamora di una sonda e la segue fino alla flotta spaziale ove l'umanità si è rifugiata.
Nel futuro la Terra è inquinata e abbandonata. Il robot superstite WALL-E si innamora di una sonda e la segue fino alla flotta spaziale ove l'umanità si è rifugiata.
Film d'animazione di pregevole fattura tecnica e di dolce intelligenza, WALL-E conferma nuovamente la fortuna del matrimonio fra Walt Disney Pictures e Pixar Animation Studios, qui alla nona collaborazione. Il genere è quello della fantascienza distopica, di cui si ritrovano piacevolmente tutti gli elementi canonici: lo scenario terrestre mortifero e post-apocalittico è contrapposto a un'arca della salvezza automatizzata, insulare, in realtà imperfetta e il cui aspetto paradisiaco e utopico non tarda a rovesciarsi nei suoi inquietanti opposti. La favola ecologista va a braccetto con una critica, mai radicale ma certamente ben riuscita, delle degenerazioni del consumismo; la storia d'amore fra automi si coniuga con il tema delle macchine ribelli. È un film che vive sulle spalle di tanti giganti del passato, cui devotamente rende omaggio: dagli espliciti Blade Runner (1982) di Ridley Scott e 2001: Odissea nello spazio (1968), al più sottile fil rouge con Metropolis (2001) di Rintarō.
Il primo merito della buona riuscita del prodotto va ad una regia dinamica e sapiente a cura di Andrew Stanton, già autore del premio Oscar Alla ricerca di Nemo (2003), oltre che di Monsters & Co. (2001). A lui va il merito di cogliere il lato grottesco e comico di quel futuro distopico che nei modelli apparirebbe freddo e respingente: la sua è una distopia ripulita degli elementi cyberpunk che non l'avrebbero mai resa un prodotto per famiglie. Sulla stessa linea di mediazione fra impegno e diversivo, morale e intrattenimento, sta la sceneggiatura, sempre di Stanton con Jim Reardon (I Simpson, 1989 – presente), la quale, tuttavia, mostra maggiormente i limiti del film, che risulta diviso in due parti. La prima, in cui si presenta il mondo a venire con una sinfonia di immagini e suoni, senza praticamente ricorrere al dialogo, è assolutamente geniale: i modelli sono le comiche slapstick di Woody Allen, ai cui occhiali le lenti oculari di WALL-E si rifanno, e prima ancora le poesie mute di Charlie Chaplin e Buster Keaton, vero modello per la componente sentimentale e umoristica del film.
WALL-E, sperduto e solitario su un pianeta il cui unico essere vivente è una neonata piantina, ricorda per componente lirica il Piccolo Principe del racconto di Antonietta de Saint-Exupery.
La seconda parte appare, per contrasto, molto più debole dal punto di vista narrativo: la morale ecologista si risolve in una assoluzione abbastanza scontata del genere umano, mentre i ruoli (gli innamorati, l'antagonista) appaiono ricalcati su schemi già visti.
Uno dei meriti della Pixar è di avere indicato la direzione per liberare l'animazione dell'antropomorfismo. Cars – Motori ruggenti nel 2006 proponeva già protagonisti post-umani, collocandosi fra i manichini di Toy Story (1995) e gli esseri, inventati o meno, dei già citati Nemo e Monsters & Co.. Con WALL-E, avendo protagonisti dei robot dallo statuto eccezionale, in quanto dotati di sentimenti, era legittimo aspettarsi un cambio di rotta ulteriore nella rappresentazione delle affettività. La storia d'amore fra WALL-E e EVE, magnificamente silenziosa e poetica nella prima sezione, perde di efficacia proprio nel momento in cui preferisce la sicurezza all'inventiva. Così anche la componente distopica diventa meno mordente non appena il discorso ecologista si semplifica verso il lieto fine: il filosofo Mark Fisher citava proprio WALL-E come esempio di racconto contemporaneamente critico e assolutore, accusatorio e indulgente verso la contemporaneità. In questa sede, ci interessa unicamente sottolineare quanto ciò infici parzialmente una sceneggiatura da principio svolta con grazia ed acume.
Le restanti componenti del film sono pressoché perfette. In particolare sono missaggio e montaggio sonoro a fare da padroni, soprattutto nella prima parte laddove il racconto è essenzialmente affidato a loro. Le voci dei robot protagonisti, iconiche, sono campionate e rimodulate con vocoder a regolare alti e bassi: un lavoro davvero artigianale e dettagliato a cura di Ben Burtt, quattro volte premio Oscar e ideatore degli effetti sonori per la saga di Star Wars. WALL-E è davvero un caso lampante di come una componente estremamente tecnica possa farsi racconto ed estetica. Anche la direzione ambientale dei suoni, data dalla cura maniacale, è perfetta. Restando in ambito di suggestioni sonore, si sottolinea l'ottima colonna sonora originale di Thomas Newman (1917, 2019) coadiuvato dall'ex Genesis Peter Gabriel, cui si aggiungono brani già editi di classe, da Richard Strauss che rimanda a Stanley Kubrick a Louis Armstrong.
L'animazione è ottima, citando come esempio la danza fra WALL-E e EVE. Lo scarto fra la lucentezza iper-tecnologica della seconda e l'arretratezza rudimentale e consumata del primo è ben evidente. Notevoli anche le scenografie della squadra di Ralph Eggleston (fra gli altri, Gli incredibili). La fotografia di Jeremy Lasky risulta invece più efficace, nuovamente, nella prima sezione del film; nella seconda risulta invece eccessivamente patinata. Ciò, tuttavia, non inficia una riuscita visiva complessiva del prodotto. Malgrado qualche limite forse connaturato alla stessa natura di prodotto per la grande distribuzione, WALL-E è un esempio elegante e leggero di come intrattenimento, pregio tecnico e racconto possano fondersi in un insieme giocoso, a rappresentare uno dei migliori film d'animazione del decennio.
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